Perchè Europa?


Primo piano Perchè Europa?

PERCHE', MALGRADO TUTTO, L'EUROPA CI CONVIENE ?

 

Da dove ripartire per convincere opinioni pubbliche nazionali scettiche e disilluse, quando non apertamente ostili, che l’ Europa tutto compreso ci conviene? Operazione difficile in questo contesto politico, ma non impossibile.

Sappiamo che la crisi di fiducia nel progetto europeo è soprattutto la conseguenza delle difficoltà emerse in Europa nella gestione della drammatica crisi economica e finanziaria del 2008/ 2009  e degli anni seguenti, e della successiva crisi dei flussi migratori: due fenomeni profondamente diversi fra loro ma accomunati dalla condivisa capacità di far emergere la percezione di debolezze e insufficienze del progetto comune europeo.

Ma dobbiamo anche riconoscere che questa crisi di fiducia   è anche il risultato di sistematiche campagne di forze politiche (della più varia ispirazione) che hanno trovato più agevole e pagante in termini di consensi scaricare sull’ Europa carenze e responsabilità che erano invece prevalentemente  nazionali.

Da dove ripartire? L’Ue dà una migliore tutela degli interessi nazionali
Ma se queste sono le premesse, da dove ripartire? In primo luogo dalla constatazione che, malgrado tutte le carenze della costruzione europea e malgrado l’insoddisfazione crescente nei confronti dell’Unione europea, vagheggiare oggi un ritorno allo ‘Stato nazione’ come unica sede di legittimazione democratica e come unica istanza di autentica tutela degli interessi nazionali è al tempo stesso velleitario, pericoloso e anacronistico.

Velleitario perché neppure il più grande e ricco dei Paesi europei sarebbe oggi in grado da solo di muoversi con autorevolezza sullo scenario internazionale e confrontarsi da pari con le grandi potenze globali. Pericoloso perché, come  la storia europea del secolo scorso (troppo spesso dimenticata) dovrebbe ricordarci, un ritorno agli Stati nazione, senza regole e istituzioni multilaterali, può produrre guasti incalcolabili. Anacronistico infine perché sembra francamente molto azzardato ipotizzare che singoli Stati da soli (a meno che non siano gli Usa o la Cina) riescano a promuovere crescita, occupazione e inclusione sociale, o a gestire i flussi migratori; e riescano a gestire con successo fenomeni complessi come il commercio internazionale, la lotta al cambiamento climatico, il contrasto del terrorismo internazionale, la cyber-security, o il rapporto con i giganti del web.

Se si parte da queste premesse dovrebbe essere inevitabile riconoscere che l’ Europa non solo ci conviene, ma  anche che è proprio all’interno di una dimensione europea che potremo difendere meglio i nostri interessi nazionali. A condizione però che impariamo a giocare le nostre carte in Europa  meglio di quanto non siamo stati capaci di fare finora.

Schizofrenia dell’Italia e attacco sistematico all’ordine internazionale
Per troppi anni l’Italia è infatti apparsa caratterizzata da una curiosa schizofrenia rispetto alla sua collocazione in Europa. Per anni a un apparentemente condiviso atteggiamento di sostegno a forme sempre più avanzate di integrazione, e a un diffuso europeismo di facciata, ha corrisposto una insufficiente capacità di incidere sui processi decisionali europei, una ricorrente difficoltà a creare reti di alleanze, una sperimentata difficoltà ad adattare l’apparato del governo e delle  amministrazioni (nazionali e locali) alla sfida europea, una conseguente carenza sistematica nella partecipazione alla fase ascendente di regolamenti e direttive comunitari, un costante ritardo nell’adattare la legislazione nazionale a quella europea, una tendenza a ignorare o a violare il diritto europeo (che troppo spesso anni ci ha fatto figurare in testa alla classifica per procedure di infrazione e sentenze di condanna della Corte di Lussemburgo) e infine una cronica e colpevole incapacità di utilizzare in maniera efficace i fondi europei.

Oggi ci troviamo di fronte ad un attacco senza precedenti al progetto europeo, in parte motivato dalla azione di forze politiche domestiche, che rivendicano una presunta necessità di recuperare spazio per l’esercizio di poteri nazionali, ma in parte anche ispirato dall’esterno, da grandi potenze interessate per motivi geo-strategici, a indebolire l’Unione europea. E non a caso questo attacco all’ Europa si salda e coincide con un attacco sistematico dichiarato ad un ordine internazionale fondato su regole condivise su istituzioni internazionali efficaci e riconosciute.

Debolezze dell’Italia e opportunità dell’Europa
Ma ad un  Paese come l’Italia, media potenza caratterizzata da una modesta capacità di proiezione internazionale, da persistenti debolezze strutturali, e da un’economia fin troppo dipendente dalle esportazioni, non conviene assecondare questa contestazione all’ Europa. Né tanto meno conviene all’Italia sostenere chi è così apertamente intenzionato a far saltare le regole del gioco di un sistema  di relazioni fra Stati basato sul principio del multilateralismo efficace.

A noi l’ Europa conviene perché costituisce un solido quadro di riferimento per la difesa di valori e principi irrinunciabili e non negoziabili, che sono alla base della nostra nozione di democrazia. Conviene perché la nostra economia ha bisogno di un grande mercato interno su scala continentale; perché abbiamo bisogno di una moneta comune, necessario completamento del mercato interno. Ma ci conviene anche perché abbiamo bisogno di principi comuni ed esempi da seguire in materia di inclusione sociale e creazione di lavoro; di regole condivise in materia di concorrenza e aiuti di Stato; di un quadro di riferimento condiviso che guidi ispiri i processi di modernizzazione del Paese e ci consenta di affrontare i maniera più efficace le complessità della globalizzazione.

Le cose da fare, invece di quelle che facciamo
Dovremmo però essere capaci di vedere nella dimensione europea una straordinaria opportunità, piuttosto che un groviglio di regole e vincoli; un moltiplicatore piuttosto che un limite della nostra sovranità. Invece di ipotizzare improbabili Piani B e vagheggiare un abbandono dell’euro, dovremmo impegnarci con proposte costruttive  per una riforma della ‘governance’ della moneta comune e per il completamento dell’unione bancaria che corrispondano a nostri interessi. Invece di contestare sistematicamente regole in materia di disciplina di bilancio, a suo tempo condivise anche da noi e concepite anche a tutela della sostenibilità del nostro ingente debito pubblico, dovremmo insistere per un grande piano europeo di investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali. Invece di minacciare improbabili veti sul bilancio dell’Unione, dovremmo pazientemente individuare quale tipo di spesa o quale nuova fonte di entrate ci conviene sostenere. Invece di lamentarci per essere stati lasciati soli nella gestione dei flussi migratori, accusando l’ Europa di insensibilità, dovremmo scegliere gli alleati più utili per ottenere più solidarietà. Invece di polemizzare quotidianamente con presunti euro-burocrati, dovremmo cominciare a riflettere su come posizionarci in vista del rinnovo delle più alte cariche nelle istituzioni dell’Unione.

In altre parole dovremmo puntare su  un’ Europa più unita, più autorevole e magari più solidale come una opportunità per l’Italia,  chiarirci le idee su cosa ci aspettiamo dall’ Europa, fissare obiettivi realistici e ottenibili, attrezzarci per sostenerli con competenza e credibilità nelle sedi dove si assumono le decisioni, e costruire un sistema di alleanze che corrisponda a verificati interessi nazionali.

Questo pezzo è una versione ridotta di quello pubblicato sul sito del Cespi http://www.cespi.it/it/eventi-note/articoli/perche-malgrado-tutto-leuropa-ci-conviene

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